La Filosofia che non offre risposte, ma a ogni domanda innalza una lingua di fuoco nelle nostre coscienze ci libera dalle paure e dai feticci… Manlio Sgalambro con il Comitato Nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita del Ministero della Cultura.
Pierfranco Bruni
Intervista di Rosaria Scialpi
Con il DM del 26 febbraio 2024 è stato istituito il Comitato nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita di Manlio Sgalambro.
Sgalambro (Lentini, 9 dicembre 1924 – Catania, 6 marzo 2014) è stato uomo assai poliedrico, tanto da abbracciare l’arte in tutte le sue forme, passando dalla critica alla poesia, dalla scrittura saggistica a quella dei testi musicali, dal cantautorato agli aforismi. Tuttavia, egli è ricordato principalmente per avere dato un significativo apporto alla filosofia contemporanea.
Una figura sicuramente particolare e soprattutto fieramente indipendente e che però oggi è spesso dimenticata. Per questo e per conoscere meglio la figura di Sgalambro, si è scelto di intervistare Pierfranco Bruni, Presidente del comitato sopra citato.
Professor Bruni, è possibile tracciare, a suo parere, una linea, un itinerario, nella storia della filosofia e del pensiero che comprenda Sgalambro e lo oltrepassi? In altre parole: nel solco di quale tradizione inscriverebbe, se possibile, l’opera e il lavoro di Sgalambro e dove ritiene che, ancora oggi, lo si possa collocare, dove risiede la sua attualità?
Manlio Sgalambro è un filosofo che nasce dentro la poesia. In quella greca ma anche medievale sicula. Non bisogna trascurare questo particolare e “piccolo” elemento. Il superamento di Epicuro lo avvicina a Eraclito. Ma in mezzo c’è il suo Gorgia viandante popolare che lascia però la caverna. Socratico? Non direi. Platonico non so. Aristotelico forse, ma a puntate alterne. Sgalambro sostanzialmente in un certo contesto è la sintesi di un legame che vuole l’empatia con la poesia ma anche la contraddizione. Abita per formazione la contraddizione ma il suo viaggio è dentro il concetto di tempo diviso tra Plotino e Agostino. È certo che il Paolo di Tarso lo aveva posto in crisi. Si avvicina così a Spinoza a Leibniz e in parte a Cartesio nella implosione tra il sono e l’essere. Però il suo pensare si impatta con Vico. Qui arriva il cortocircuito. Come molti filosofi. Si pensi a Gentile. È certo che non è un filosofo dentro la fenomenologia. Il paradosso che crea è con il superato ma sempre presente Kant. Certo che Hegel almeno nella prima stagione e secondo tempo è distante. Poi saranno Schopenhauer e Nietzsche che domineranno sino a Cioran. Da non dimenticare che è un disistematico pur restando in quegli studi del tragico e anche pensieri orientali di Schopenhauer.
Schopenhauer, in Il mondo come volontà e rappresentazione, si confrontò anche con il tema della musica, sulla quale dichiarò:
«La musica è dell’intera volontà oggettivazione e immagine, tanto diretta com’è il mondo; o anzi come sono le idee: il cui fenomeno moltiplicato costituisce il mondo dei singoli oggetti. La musica non è quindi affatto, come le altre arti, l’immagine delle idee, bensì immagine della volontà stessa, della quale sono oggettità anche le idee.»
Ora, come molti sapranno, fra Sgalambro e il cantautore Battiato vi fu un lungo sodalizio e il filosofo fu anche autore di alcuni suoi testi, fra cui ricordiamo La cura.
Come riassumerebbe il rapporto fra Sgalambro e la musica? Crede che l’avere scelto come maestro Schopenhauer abbia influito sulla sua produzione musicale e sul suo pensiero?
La musica è Wagner perché è Nietzsche oltre la sua passione per Schopenhauer. Il mondo tedesco infatti è dentro Sgalambro. La filosofia è greca e tedesca. Pur non facendo mai una distinzione tra leggera e pesante. Nei suoi saggi sulla musica lo dice chiaramente, tanto che crea una “teoria della canzone”. Qui, nel suo ricercare nella cultura tedesca, che incontra Battiato e con lui tutto un modello che è nella civiltà persiana. La poesia e la gestualità dei dervishi: è una magia alchemica.
Ha lavorato moltissimo in questo campo. Con Battiato ha trovato l’espressività. La parola che è musica è diventata immaginario attraverso le note, però intreccia canzone popolare e canzone sommersa. In Sgalambro non c’è solo Battiato ma anche Franco Califano. Ci sono entrambi.
Certo, “La cura” è il testo che ha dato una certa notorietà. Battiato con l’esplosione di un tono barocco e Sgalambro con la raffinatezza ed eleganza del linguaggio. Ci dimostra sostanzialmente come è mutata la cultura filosofica.
Un filosofo che apre la filosofia alla comparazione. È un percorso affascinante ma che deve farci riflettere attentamente su come cambiano anche i modelli filosofici. Dici filosofico. Non della storia della filosofia. Sono due aspetti completamente diversi. Sgalambro da filosofo è anche letteratura e antropologia. Ecco perché il suo interesse per la musica è nel nostro tempo focale anche se non unico.
Perché si è avvertita la necessità di un comitato nazionale di studi su Manlio Sgalambro? Quali nuove interpretazioni potrebbe apportare alla visione che abbiamo di questo filosofo “solitario”?
È il Centenario di Sgalambro. Sono occasioni che spingono involontariamente a proporre o riproporre una riflessione grazie a delle riletture più ampie. Sensibilizzare è fondamentale. Certo.
È un filosofo che ha scelto la solitudine ma negli ultimi non troppo perché i testi delle canzoni, i film e i concerti accanto a Battiato lo hanno condotto oltre. Chiaro, la sua filosofia è nella solitudine. È stata sempre una sua scelta. Ma noi abbiamo il dovere di promuovere.
In quale direzione si sta muovendo il comitato e quali saranno i prossimi passi?
Ci sono alcuna attività e impegni. Pubblicazione e convegni. È quasi pronto un volume abbastanza robusto che ha il contributo di diversi studiosi con l’obiettivo di creare un legame tra didattica e scientificità. Questo per promuovere Sgalambro ma anche per aprire una dialettica sul ruolo della filosofia oggi. Infatti,Sgalambro, proprio contestualizzandosi, parla di vivere un mondo pessimo e peggiore. Ci sarà un convegno a Catania fissato per il 16 novembre che vedrà coinvolti docenti di diverse università e storici della filosofia e filosofia oltre a un dibattito molto articolato. Si pubblicheranno gli atti. Ci sarà ancora un altro convegno su Sgalambro nel contesto attuale e poi un’altra pubblicazione.
Infine, riprendendo le parole dello stesso Sgalambro, cosa resta: l’uomo o l’idea dell’uomo?
Bella domanda. Io credo che dalle macerie e dalla rivolta che ha posto al centro Sgalambro l’idea dell’uomo ha la necessità di praticare il modello del labirinto. D’altronde un altro studioso che si inserisce nel quadro sgalambriano è Guido Ceronetti. Tempi moderni. Comunque, Sgalambro non ha mai dimenticato Leopardi. Il venditore di Almanacchi resta nella sua vita. Questo nostro tempo pessimo riuscirà a superare la siepe? L’uomo comunque vive nelle macerie. L’idea è un pensiero ancora in fieri.
Scrittore prolifico, ha scritto saggi, poesie e romanzi ed è stato candidato due volte al Nobel per la Letteratura. Nel corso della sua carriera si è dedicato anche alla tutela e alla conoscenza delle comunità di minoranze etnico-linguistiche. Bruni è inoltre stato Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali e componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’Estero.