“Il mondo, semplicemente, esiste perché esiste. È un unicum irrelato. Esiste perché, almeno secondo la nostra logica, non può non esistere. L’idea che il mondo possa non esistere è assurda, è una fantasia, una fisima, una fantasmagoria, e si può concepire solo perché il mondo esiste. […] L’esistenza è la cosa più semplice di tutte, una cosa elementare, la sola reale e possibile, la base insopprimibile di tutte le altre”.
Fece di Nietzsche il filosofo che raccontava il senso del tragico nell’ironia della commedia. Non visse di sistematicità. Perché il pensiero di per sé è asistematico? Non solo. Perché il pensare è una dimensione in cui il labirinto dei linguaggi incorre nei cortocircuiti della vita e il linguaggio è di per sé un pensare tra il cognitivo e la diversità dei principì assoluti.
Spinoza come spazio intermedio tra la storia e l’estetica, ovvero tra il logos e la memoria come archetipo nel chiaro di stelle di Giordano Bruno che non fu maestro di Benedetto Croce. Anche se i due riferimenti si potrebbero incanalare tra l’eretico e l’estetico.
Mi riferisco a Sossio Giametta. Il suo “essenzialismo” lo porta verso la strada di Benedetto Croce, certamente. Ma dovrà fare i conti con il Nietzsche di Zarathustra, che non amplifica il percorso dell’essenzialismo ma va oltre in una demarcazione simbolica e onirica.
C’è di mezzo la condizione umana che lega Zarathustra a Camus e questo a Cioran attraverso quella sua opera del 2013 “L’oro prezioso dell’essere” e quella successiva che come titolo una metafora appunto essenziale dal titolo “Cortocircuiti”.
È qui che si focalizza la sua attenzione nell’ambito di un umano troppo umano che sarà una struttura portante del suo pensiero che tratteggiarà Hegel in Schopenhauer per giungere a Nietzsche. Unisce sostanzialmente una eredità tragicamente letteraria ad una dionisiaca filosofica e ermeneutica sil piano di una antropologia della conoscenza.
Ma in fondo chi erano i filosofi per Giametta? Non certo dei visionari. Riempie di significato il suo viaggio tra l’assurdo e la follia. Credo che Camus abbia dato, proprio grazie a Spinoza – Zambrano, una chiave fi svolta nella sua profonda considerazione in rivolta che è il lavoro del 2002, ovvero “I pazzi di Dio”.
Ed è così: “Non rinuncio alla lotta delle idee che è la sostanza stessa della filosofia. Ma credo di essere dotato di un pensiero umile. L’umiltà consiste nell’investirsi delle esigenze degli uomini comuni e nel parlare il linguaggio chiaro, nel seguire la logica delle cose sotto la logica delle parole e nell’onorare come mia maestra suprema non l’erudizione, ma la vita”.
Quel bue squartato è silenzioso rumore nel pensiero oltre le idee stesse. Possibile? Ma sì che è possibile. Il punto dove si ferma o dove si evolve?
Qui. Lungo questa linea: “Se la storia considera la filosofia come l’espressione del suo tempo sub specie aeterni-tatis, la filosofia può considerare la storia come la faccia eternamente cangiante dell’eternità. In ogni epoca una potente personalità può ergersi al di sopra di tutta la storia e la filosofia del passato e giudicare grandezza e miseria della sua epoca. Ma da un punto di vista rigoroso, la filosofia sembra piuttosto succube che giudice della sua epoca. Lo stile è l’uomo, come è stato detto, e qualche maligno ha aggiunto: dunque non è la donna; ma questa è appunto solo una malignità”.
Si giunge dentro un cerchio che si rivolta. In quella condizione dell’essere che è condizione umana tra il tempo e la storia. Proprio qui.
La rivolta camusiana può leggersi come metafisica dell’essenziale? Può sembrare stranezza? Da Spinoza a Nietzsche c’è il tempo dell’essere di Camus? Io direi di sì.
Sossio Giametta era nato a Frattamaggiore nel 1929 e morto a Bruxelles il 2024.