Roma, 13 giu. (Adnkronos/Labitalia) – “Le trasformazioni in atto nel mondo del lavoro sono determinate da forze evolutive che incidono su tre ambiti principali: tecnologie, competenze, società. Dopo le soluzioni d’emergenza sperimentate durante la pandemia, lo smart working è oggi uno strumento di evoluzione organizzativa, da sviluppare in modo coerente all’interno delle aziende, con soluzioni adeguate al se/ore, ai livelli di servizio al cliente, ai processi operativi, ma anche a quelli di sviluppo e integrazione tra funzioni”. A ricordarlo Mario Mantovani, presidente Manageritalia, in occasione della 100ma assemblea dell’associazione. “Un compito dei manager – sostiene – che devono trovare nelle norme e nella contrattazione collettiva strumenti flessibili, un quadro generale di diritti e doveri all’interno del quale declinare le soluzioni concrete. Tra i driver tecnologici, le diverse forme di IA e gli strumenti che ne derivano sono in grado di modificare più profondamente l’organizzazione del lavoro: la capacità di tradurre e scrivere test con elevato grado di affidabilità, la possibilità di elaborare grandi quantità di dati per analizzare i comportamenti dei consumatori, dei mercati finanziari, degli agenti virali e batterici, la crescente capacità dei robot di coniugare azioni meccaniche con scelte alternative, applicabili alla logistica, ai trasporti, alle manutenzioni. I manager devono essere in grado di governare la complessità tecnologica e di gestire, come hanno sempre fa/o con le risorse umane e finanziarie, le risorse tecnologiche”.”La transizione verde e quella digitale ricorda Mantovani – stanno aprendo nuove opportunità per l’economia, per i cittadini e per i lavoratori: disporre delle competenze necessarie consentirà alle persone di affrontare i cambiamenti del mercato del lavoro e di partecipare appieno alla vita sociale. Per questo motivo il 2023 è stato nominato Anno europeo delle competenze: ‘una forza lavoro dotata delle competenze richieste contribuisce anche alla crescita sostenibile, accresce l’innovazione e migliora la competitività delle imprese'”.”Oltre tre quarti delle imprese dell’Ue – avverte – incontrano difficoltà a trovare lavoratori con le competenze necessarie, e i dati più recenti di Eurostat indicano che solo il 37% degli adulti ha l’abitudine di seguire una formazione adeguata. Il Digital economy and society index (DESI) mostra che 4 adulti su 10 e una persona su tre che lavora in Europa non hanno competenze digitali di base. C’è anche una bassa rappresentanza di donne nelle professioni e negli studi legati alla tecnologia, con solo 1 specialista ICT su 6 e solo un 1 laureato su tre nelle materie stem è donna”.”Occorre quindi – suggerisce – incrementare le competenze dei lavoratori, inclusi i manager, che non possono essere soltanto utilizzatori di tecnologie, ma devono comprenderne le potenzialità e le implicazioni. Nello stesso tempo, per poter garantire una crescita basata su produttività, lavoro di qualità, eccellenza di prodotto e di servizio, occorre elevare rapidamente tu/e le competenze umane, dei giovani e dei meno giovani, delle donne e degli uomini, superando i gap che oggi impediscono a una larga parte della popolazione, in particolare in Italia, di acquisire le competenze necessarie. Un gap che si manifesta nella scuola, con un tasso di Neet e di abbandono scolastico elevatissimo e che non accenna a diminuire, nel dialogo tra università e impresa, ancora troppo limitato e condizionato da modelli divergenti, nei sistemi formativi aziendali e settoriali, spesso schiacciati verso forme di ‘addestramento’ adatte al sistema industriale ripetitivo di massa superato da decenni”.”Non possiamo poi permetterci – rimarca – di sprecare le competenze esistenti per mancanza di un sistema che le riqualifichi, le sviluppi e favorisca l’incontro con le aziende: un sistema finalmente efficace di politiche attive, che contrasti l’obsolescenza delle competenza e riduca i tempi di ricollocamento”.”Contemporaneamente – afferma il presidente di Manageritalia – si trasforma la società, con una richiesta di migliore equilibrio e minore distinzione tra lavoro e tempo libero, con la volontà di ridurre gli spostamenti quotidiani e i trasferimenti verso i conglomerati urbani più grandi, con una domanda di sostenibilità nei comportamenti quotidiani. Cambiamenti che, coniugati alla crescente carenza di competenze e in generale di popolazione in età lavorativa, per effetto di una dinamica demografica destinata a prevalere per almeno il prossimo mezzo secolo nel nostro paese, obbligano le imprese a sviluppare 7 modelli organizzativi non più centrati su poche sedi di lavoro e orari prefissati”. “Il capitale umano – dice – sarà (e in molti casi è già) la leva più scarsa in molti settori e la competizione per a/rarre i lavoratori migliori sarà sempre più forte. Non si può dimenticare il ruolo positivo che può essere garantito da un’immigrazione ordinata, da processi di formazione e integrazione per chi proviene da altre culture, da incentivi per i lavoratori più qualificati, dalla proposta di uno stile di vita e lavoro attrattivo per i giovani (e meno giovani) lavoratori di altri paesi”. A seguire gli ambiti e le proposte di policy. Semplificazione delle norme sul lavoro, favorendo la convergenza tra lavoro subordinato e autonomo, evitando distorsioni dovute a norme fiscali e contributive – progettazione e potenziamento dei sistemi formativi, superando il dualismo – spesso anche contrapposizione culturale – tra scuola e lavoro, creando continuità tra i sistemi di apprendimento e favorendo la crescita complessiva, in luogo di un’enfasi eccessiva sui processi selettivi. Introduzione di incentivi alle imprese per facilitare la crescita e lo sviluppo imprenditoriale attraverso l’assunzione di manager qualificati. Creazione di un’agenzia dedicata al monitoraggio e alla manutenzione delle competenze, in particolare dei lavoratori più qualificati, sul modello dell’Apec francese, abbinando le aspirazioni e le competenze delle persone alle opportunità offerte dal mercato del lavoro, in particolare per la transizione verde e digitale. Sviluppo di sistemi di politiche attive con l’utilizzo integrato di risorse pubbliche e private, seguendo lo schema del provvedimento appena varato dalla Regione Lombardia.Provvedimenti che consentano di raggiungere gli obiettivi sociali dell’Ue per il 2030, legati all’apprendimento, in base ai quali almeno il 60% degli adulti dovrebbe partecipare ogni anno ad attività di formazione. Misure necessarie anche per raggiungere entro il 2030 l’obiettivo di un tasso di occupazione di almeno il 78%, che consentirebbe di limitare i gravi e crescenti problemi legati alla diminuzione della popolazione italiana in età lavorativa. Politiche d’immigrazione che consentano d’incrementare la forza lavoro qualificata, a tutti i livelli, a/raendo persone provenienti da paesi terzi con le competenze necessarie, anche rafforzando le opportunità di apprendimento e la mobilità e agevolando il riconoscimento delle qualifiche.Restituzione del cosiddetto ‘prelievo forzoso’: il legislatore italiano ha a/ribuito ai Fondi Interprofessionali di formazione continua maggiori risorse finanziarie, derivanti dalla restituzione del cosiddetto ‘prelievo forzoso’ (il versamento di cui all’art. 1comma 722, della legge n. 190/2014), per la il miglioramento delle competenze dei soli lavoratori beneficiari di integrazioni salariali straordinarie, implicitamente escludendo i Fondi dei dirigenti, che non beneficiano dell’integrazione salariale. Il recente Decreto 14 marzo 2023 ha espressamente stabilito tale esclusione. Manageritalia ha chiesto che anche i dirigenti possano usufruire dell’incremento delle risorse assegnate ai Fondi interprofessionali, come già disposto per le altre categorie di lavoratori – Incentivi al reimpiego di personale con qualifica dirigenziale.