Il Mediterraneo non è solo un destino. È una geografia delle civiltà tra popoli che si raccontano e identità che vorrebbero raccontarsi oltre le linee e i confini, oltre i limiti della storia e gli orizzonti decisi dallo scontro tra Occidente ed Oriente. È quella frontiera che non ha compreso che le appartenenze sono non solo eredità ma strategia politica tra culture ed economie. Pascoli sosteneva nel 1912 che fino a quando non si capirà che il Mediterraneo siamo noi resteremo naufraghi attaccati alle coste di Ulisse. Bisogna avere la capacità e l’intelligenza di andare oltre le storie e diventare non storia ma presente dentro lo sguardo che va oltre le Colonne d’Ercole.
Il Mediterraneo non è una “occasione”. È una tradizione nelle maglie di una economia che senza le culture non crea strategie di rilancio dei territori. Il territorio è una geografia non solo di un tessuto politico (e fisico) ma soprattutto antropologico. Il reale del Mediterraneo è la conoscenza. Gli investimenti si fanno sulle conoscenze e sui saperi che le civiltà esprimono. Conoscere è non sbagliare la tipologia dell’investimento. Anche nelle culture oggi occorre confrontarsi con ciò che è utile. L’utilità deve confrontarsi con la necessità e questa con ciò che possiamo essere domani. In un tempo in transizione le società diventano cangianti nell’arco di un limite che è corto o breve e non lungo o indeterminato. Il Mediterraneo è una antropologia anche lungo una visione di economia della riconciliazione con la geopolitica.
Il Mediterraneo è una contaminazione di antropologie. Racconta la storia e le vite dei popoli in una visione nella quale la tradizione, pur non perdendo le radici identitarie, diventa innovazione nelle coscienze delle civiltà. Le civiltà determinano i popoli o sono i popoli che definiscono i processi di una civiltà? Fin qui si resta in una dimensione il cui percorso è antro-merafisico. La manifestazione di tutto ciò è dato dalle culture che si dichiarano in un immaginario che è fatto da ciò che definiamo beni culturali. Dall’immaginario al reale il filo è tutto teso su una politica di investimenti sulle conoscenze.