Storie di eccellenza e di infinita pazienza, di cura e dedizione. Come quella raccontata dal re dell’Aglianico Salvatore Molettieri del “cru” di Vigna Cinque Querce o dalla signora del Greco di Tufo, Gabriella Ferrara. “Perché nonostante il Covid la terra non si ferma e sarà una grandissima annata”.
Terra umida di funghi, di pietra e resina, di legna da ardere e di tini. Il profumo delle cose buone di una volta, quelle che restano per sempre nella memoria di chi le ha vissute, o magari assaporate grazie alle note odorose di un calice di vino che svela loquace i misteri, le promesse e la fatica di una terra antica. In Irpinia il vino è sangue della terra.
Tra i paesi di pietra immersi nel verde di valli fatte apposta per custodire e tramandare segreti di cultura contadina, il culto della vite è una storia di eccellenza e infinita pazienza. Tra le lune di ottobre si accanna legna per l’inverno e il vino è quello del tempo lungo. La ‘Vigna Cinque Querce’, a Montemarano, in provincia di Avellino, racconta bellezza e alta qualità
“La vigna è la nostra vita: siamo nati viticoltori -rimarca il signore dell’Aglianico- e portiamo nelle vene come nelle botti la tradizione del territorio. Lo facciamo con orgoglio e i miei figli continuano questa tradizione. Per fare il vino ci vuole passione e amore, i nostri nonni ci hanno lasciato un patrimonio da far conoscere e valorizzare. Siamo fieri di essere viticoltori irpini perché qui il vino è sangue. E salute. La qualità e il vino si fanno in vigna”.
L’Irpinia Doc Aglianico Cinque Querce si offre al naso intenso, con sentori di frutti rossi, spezie e sfumature balsamiche e di chiodi di garofano e cacao. Al gusto è caldo, pieno, con buona morbidezza, lunga e complessa la persistenza aromatica, con la fitta trama tannica. La degustazione lascia in bocca un lungo ricordo di frutta matura e torrefazione. Un vino di grande carattere, da accompagnare a cacciagioni, carni rosse e a formaggi di media stagionatura.
Altro gioiello della Cantina di Contrada Musanni è il Taurasi Docg Renonno, un Cru che ha origine da vigne piantate da decenni su un terreno argilloso sciolto. Vendemmia manuale in cassetta, maturazione di circa 60 mesi in barriques e botti grandi di rovere, con affinamento in bottiglia (minimo 6 mesi). ‘Renonno’ viene prodotto dai vigneti storici, ereditati dal nonno. Una parte del vigneto è già stato reimpiantato L’attenta e severa selezione delle uve dà questo vino rosso rubino con riflessi granata, maturato per almeno 36 mesi. Al gusto è pieno, morbido, sapido, sontuoso e sostenuto dall’inizio alla fine. Lunga e complessa la persistenza aromatica, ideale da abbinare a preparazioni importanti di carni e formaggi saporiti.
L’Azienda Agricola Benito Ferrara (www.benitoferrara.com) nasce nella seconda metà del secolo scorso per volontà di Benito Ferrara, visionario viticoltore che alla sapienza della spremitura artigianale e delle antiche botti univa parole di saggezza per chi si portava sulle colline della Frazione San Paolo, a Tufo (AV), per visitare la cantina.
Oggi Gabriella Ferrara gestisce con il marito Sergio una Cantina identitaria che ha conquistato posti di primo piano nel panorama enologico italiano, esportando in tutto il mondo senza perdere l’umiltà di chi fa buone bottiglie per passione prima che per lavoro. La maggior parte dei vigneti si trova nella frazione San Paolo all’interno del comune di Tufo, considerata la migliore zona per il vitigno Greco.
Anche in tempo di Covid, spiega Gabriella Ferrara “l’agricoltura non si è mai fermata, perché la terra non si ferma”. “Facciamo prodotti di qualità, ci vuole cura e competenza: la vigna se non gli dai – dice – non ti dà. Sarà una grandissima annata -assicura la ‘Signora del Greco’, come la definiscono in Irpinia- nonostante il caldo di agosto e settembre, abbiamo avuto due giornate di piogge intense e regolari che hanno fatto bene alla vigna. Contiamo di avere una bella gradazione, dal profumo del mosto capiremo e potremmo dare il giudizio migliore. Il 29 settembre è stato un ‘San Michele di vendemmia’, le premesse per una ottima annata ci sono tutte”.
Un “messaggio di speranza”, spiega, anche al tempo del Covid-19. “Bisogna essere forti come la terra: noi -rimarca Gabriella Ferrara-trattiamo i vigneti allo stesso modo. Il segreto del nostro vino è il terreno, un misto argilloso-calcareo. Le viti hanno radici profonde e antiche, le più vecchie tra i 60-70 anni”. Il Greco di Tufo, racconta, “è un vino potente e strutturato, non ha confronti, lo abbiamo sempre considerato un ‘Taurasi travestito’, perché si sposa con tutta la cucina italiana, carmi bianche e anche rosse, a patto che non si ecceda con il pomodoro, perché Greco e pomodoro non legano”. “Non a caso -fa notare- a Cortina d’Ampezzo il Greco di Tufo è molto apprezzato”.
Il vino “è sangue e il sangue non si smentisce. Accompagna tutti. E non si può rifiutare”, scandisce Gabriella Ferraro. Che guarda avanti portando nel cuore le sue radici: “Sono figlia d’arte, mio padre ci ha insegnato tantissimo, a nove mesi mi ha fatto assaggiare il mosto. Credeva nel vino perché sapeva cosa può dare il vino agli uomini. Si alzava presto per andare nella vigna e tornava al tramonto. Con tutte le stagioni. Una lezione di vita che portiamo avanti nella nostra famiglia, perché in cantina, oggi come allora, lavoriamo in prima persona. Le mani sono importanti. Ogni piccola cura fa la differenza. Il vino ha bisogno di passione e pazienza. Insegna a lavorare insieme. E questo non ha prezzo”.
Il Greco Di Tufo ‘Vigna Cicogna’, di colore giallo paglierino più o meno intenso, netto, dal sapore secco e armonico, con l’inconfondibile sentore di mandorla amara, si abbina con i crudi di mare ma anche con le ricette della tradizione irpina e campana. Sul mercato c’è il 2019, il “nuovo Greco lo avremo ad aprile-maggio 2021, ma a costo invariato”, assicura Ferrara. Sulla tavola o davanti al camino carico di buona legna, “il vino buono aiuta sempre: fa sangue -conclude Gabriella Ferrara- ed è un augurio di buona salute per tutti”.