Forse è l’unico scrittore italiano della nostra contemporaneità che trasforma il linguaggio saggistico in poesia e prende un dato della “finzione” poetica per rivoluzionarlo in filosofia. Letteratura e filosofia, infatti, in Pierfranco Bruni costituiscono un unico viaggio in cui le sponde della parola non hanno più il fatidico rito platonico della caverna universale, ma la convergenza in una metafisica dell’anima.
La filosofia è una delle componenti della sua forma artistica. Lo si nota con evidenza nel romanzo del 2004 “Quando fioriscono i rovi” e nella sua splendida pagina di “Paese del vento” la cui prima edizione risale al 1993 ma più volte ripubblicato con varianti notevoli. Jorge Amado è nella sua formazione scritturale narrante. Il mistero mistico di Gibran è caratterizzante nei suoi racconti di “Echi di conchiglia” del 1997 come il magico è già in “Barchette di carta” del 1995 per focalizzarsi nei racconti onirici di “E dopo vennero i sogni” del 2000.
Una continuità che stapazza, volutamente, il linguaggio, facendo del linguaggio stesso una confessione tra il mistico e l’invisibile. Una scrittura profonda che ha fatto di Pirandello il filosofo creativo del teatro, di D’Annunzio il sovrano che guida le leggi del Novecento letterario e di Pavese l’unicità del mito in letteratura. Ma la sua filosofia come “genere letterario”, che ha le corde tra Pitagora e Maria Zambrano, è nella filosofia del suo Dostoevskij che ha permesso un incontro sublime tra il pensiero e l’espressione linguistica.
Pierfranco Bruni è un preciso conoscitore delle alchimie arabe e sciamaniche la sua contemplante meditazione si concentra e si incentra su tre libri fondamentali: “Che il dio del sole sia con te” del 2013, “Asma e Shadi” del 2014, completamente calato nel buddismo e nel mondo degli sciamani e “La pietra d’Oriente” del 2015. Tre capisaldi della nostra contemporanea letteratura mistico – filosofica. A questi si lega chiaramente “Il sortilegio della speranza” del 2019 dove il profetico diventa il divino. Un passaggio circolare e labirintico se si pensa a “Il ladro di profumi” del 2020. Opera imponente insieme a “Sul davanzale delle parole” del 2019 e a “Quando mio padre leggeva Carolina Invernizio” del 2021.
Poesia, arte dentro la memoria del mistero che è lungimiranza del pensiero nella finzione maschera specchio doppio dell’impossibile vero che è espressione ne “La bicicletta di mio padre” del 2011. Una poesia dal fascino sensuale si appiglia sempre tra le pieghe del suo viaggio costantemente accanto con “Per non amarti più” del 1999, “Ulisse è ritornato” del 2006, “Mi addormenterò nel rosso del tuo meriggio” del 2009, “Ornamento di un amore” del 2019, “L’intagliatore di bastoni” del 2020. Una biografia che diventa una bibliografia. Una vita che è un vocabolario di sensi mistici e incantati.
Il mondo sciamanico è, appunto, la sua rivelazione che si confessa, o la sua confessione rivelata nei diversi tomi di filosofia: “Mediterraneo” del 2002, “Se il sole sorge sotto la luna” del 2018, “La letteratura come atto irreversibil” del 2018, “La dissolvenza dell’infinito” del 2019, “Io sono Pietro” del 2019, “Lo specchio metafisico” del 2019, “Raffaello. Universale e divino” del 2020 sino al suo “Dante. Raggio divino” del 2021. Un Dante innovativo e “rivoluzionario”.
Pierfranco Bruni è un Novecento che ha in sé tutto il Mediterraneo di una archeologia del pensiero e del pensare. La contemporaneità non potrà fare a meno della sua filosofia e della sua scrittura.