Oggi, grazie agli sviluppi tecnologici e ai nuovi modelli organizzativi emergenti, è diventato più che necessario iniziare ad occuparsi delle organizzazioni con maggiore attenzione, cura e precisione. Occuparsi delle organizzazioni significa osservare, relazionarsi e intervenire sulle persone, sui gruppi e sui processi. Non basta, però, ridefinire e ridisegnare gli organigrammi – secondo alcune credenze “deterministiche” – per risolvere i problemi organizzativi oppure introdurre nelle aziende le tecnologie più avanzate e innovative per renderle più produttive. Ma si deve lavorare sulle persone, le loro relazioni in azienda, comprendere i processi tenendo ben presenti gli obiettivi aziendali e coniugandoli con la motivazione delle risorse umane.
In ogni caso, prima di intervenire all’interno delle organizzazioni è utile compiere un’adeguata analisi del fabbisogno, per intuire, osservare e analizzare le problematiche dell’azienda e le criticità dei propri processi produttivi, erogativi ed organizzativi che li caratterizzano. Avere spesso un punto di vista esterno, quale quello del consulente, serve all’azienda o a un qualsiasi committente per riuscire ad analizzarsi in terza persona, guardarsi da un altro punto di vista, uscire dalla zona di comfort. Così è più facile cogliere sfaccettature e prassi quotidiane che generano un clima demotivante, insoddisfacente o attività improduttive o che possono essere digitalizzate. Oggi, dato il processo di cambiamento accelerato dal diffondersi della pandemia, anche la consulenza, così come le aziende in genere, è stata posta dinanzi alla grande sfida del doversi ripensare. I consulenti hanno di fronte a loro una grande sfida che non possono non affrontare. Soprattutto quei consulenti di matrice sartoriale, che producono prodotti ad hoc, servizi personalizzati, e che utilizzano la propria sensibilità e la propria esperienza per comprendere le criticità di un’azienda coniugandole con le loro specifiche quanto uniche e implicite culture organizzative.
Bisogna, pertanto, interrogarsi su quale possano essere i giusti modelli da introdurre nelle aziende, la maggior parte delle quali stanno attualmente affrontando un importante processo di digitalizzazione e sperimentando nuove forme di lavoro (come quello dell’home working forzato). Ma anche comprendere come stanno cambiando i processi e le relazioni in azienda e immaginare nuovi modi di vivere i contesti lavorativi e formativi. E, d’altro canto, i consulenti dovranno provare a sperimentare nuove forme che rendano possibile la messa a punto non solo di progetti e interventi personalizzati, ma soprattutto il giusto modo di relazionarsi con i clienti, i committenti e le organizzazioni, che vanno in qualche modo vissute per essere comprese. Un modo che potrebbe essere semplicemente blended oppure una serie di modalità totalmente nuove, che ancora non abbiamo né visto né pensato.
L’unica certezza che possiamo riscontrare da questa situazione, che stiamo tuttora vivendo, è che i modelli tradizionali, gerarchico-funzionali e frontali sia in termini organizzativi sia formativi ed educativi, hanno raggiunto il loro compimento storico. Per riuscire a sperimentare innovazioni di processo tanto nuove quanto adeguate, bisogna partire da questa consapevolezza e non dimenticare ciò che stiamo apprendendo da questo periodo.